Tiziana Vanetti è nata a Bengasi (Libia) nel 1968, si è diplomata come stilista di moda ed ha conseguito il diploma di laurea con lode in pittura, e la specializzazione in arti visive presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Attualmente è docente presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.
Dal 2002 ha cominciato l’attività espositiva con mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Ha ricevuto numerosi premi partecipando a concorsi di pittura. Alcune sue opere inoltre, sono esposte presso la collezione permanente di arte contemporanea presso il Museo Civico di Palazzo D’Avalos a Vasto (CH), presso la collezione permanente dell’Ambasciata Albanese a Roma, la collezione permanete presso il Museo Epicentro a Barcellona di Gotto (ME), la collezione permanente presso il M.A.C.I.S.T. Museum a Biella e la collezione permanente presso il Museo di Gibellina (TP).
Vive e lavora tra la provincia di Milano e Firenze.
Poetica pittorica
C’è un forte legame con la memoria nei dipinti di Tiziana Vanetti, che spazia dalla serie dei boschi dal titolo “Wild ” al ciclo di opere intitolato “Birth” e “Ghibli”, nel quale il paesaggio centrale è il mare. Si tratta di un ciclo di opere dedicate alla memoria della terra di nascita, la Libia, dove ha vissuto fino all’età di circa 3 anni e dove ha esposto con mostre nelle città di Tripoli e Misurata. Tiziana Vanetti, con un segno deciso e a tratti evanescente, torna a riflettere sulla natura intesa come spazio vissuto e come spazio osservato che diventa espressione di sé. La sua pittura diventa linguaggio per affermare sé stessa e dare voce alla propria dimensione emotiva. La natura dipinta si rivela esteticamente all’osservatore: una natura che diventa puro oggetto estetico con il quale l’uomo deve imparare a fare i conti, luci ed evoluzioni di colore che possono essere bellezza e inquietudine insieme. Le sue opere sono dunque un invito all’osservazione estetica, che riflette quel dialogo bellissimo con cui l’uomo ha imparato a riconoscersi, nella libertà e nella natura come veicolo dei suoi sentimenti. Il paesaggio ha rappresentato da sempre il dialogo tra uomo e natura, e che l’arte ha più volte cercato di interrompere, per poi pentirsi e riprenderlo successivamente.